domenica 20 settembre 2009

Io e mio padre


Padre, con quale forza affronti questo mare
con quelle braccia fragili e gli occhi incavati dal dolore.
Tu dimmi come fai ad affrontare l’orizzonte
con la speranza che s’incurva e s’infrange tra gli scogli.
Io con questa mia caravella di color corallo
e questa forza da leone, si che arpiono il vento
e mi tengo saldo alla mia vela
mentre affogo nell’ombra di una madre.
Io annaspo tra le spume
nel desiderio di un sogno d’ avverare
e gemo, a volte come uno scemo
con il mento appoggiato sul bordo del vascello
e l’occhio spento a scandagliare il fondo.
Padre, dimmi tu come fai
io mi perdo giornalmente nell’incongruenza
nella speranza di non morire
prima di aver bevuto tutto questo mare
e di cullarmi tra le onde
di questo meraviglioso sole

Amore ascolta...

Ho occhi innamorati che si perdono nei prati
e la rosa sboccia ancora nella sabbia dell’aurora.

Tutte queste luci mi riempiono di lacrime
e come un assetato affogo nel suo male.

Ma chi lo può mai dire qual è la cosa giusta
si, io sono un’egoista e amo quella frusta.

La mia donna è bella e aspetta il mio ritorno
s’affaccia sempre al porto per avvistare la mia nave.

Ma stasera non ritorno, amore mio immenso
ho da lavare il corpo con acqua pura e incenso.

Stasera mi chiudo in casa serro quella porta
ho da frantumare rosari e mettere i numeri in colonna.

Amore, io sono come Ulisse perso tra i ghiacciai
io sono un pazzo, un disperato che cerca la ragione del peccato.

Io sono un uomo giusto che cerca nel crepuscolo
di riempire il vuoto senza il minimo scrupolo.

Ma adesso dammi un bacio dimentica quel che dico
questo è un passaggio obbligato già scritto è stabilito.

Adesso chiudo gli occhi e fuggo nel mio cielo
tinte in chiaro scuro di un sogno misterioso.

Adesso chiudo gli occhi e immagino il tuo seno
che allatta la passione di ritornare indietro

nel liquido mieloso del ventre di una madre